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Dugenta: Costruttori di comunità: Antonio Mercone (1926-2016)
Ogni comunità ha i suoi padri fondatori, spesso ricordati poi nella toponomastica.
Anche la piccola comunità di Dugenta ha avuto i suoi. Nel lontano 1859 furono 28 proprietari a chiedere l’autonomia comunale di Dugenta da Melizzano. Ma non ebbero fortuna. Poi altri, nel 1948, all’avvento del regime democratico e la caduta del fascismo, con una petizione popolare sottoscritta da 750 dugentesi ripresero quella battaglia, vincendola nel 1956.
Anche la piccola comunità di Dugenta ha avuto i suoi. Nel lontano 1859 furono 28 proprietari a chiedere l’autonomia comunale di Dugenta da Melizzano. Ma non ebbero fortuna. Poi altri, nel 1948, all’avvento del regime democratico e la caduta del fascismo, con una petizione popolare sottoscritta da 750 dugentesi ripresero quella battaglia, vincendola nel 1956.
Nessuno di essi, però, oggi è ricordato, in alcun modo. Ma non sono ricordati nemmeno i “costruttori” dell’autonomia amministrativa ottenuta nel 1956. Concretamente e faticosamente questi dovettero affrontare la battaglia quotidiana per farla vivere. Fu una battaglia molto difficile: Dugenta non aveva risorse, beni demaniali, non aveva esperienza di autonomia né energie sufficienti. Aveva braccianti, lavoratori, piccoli contadini, qualche imprenditore agricolo e tanta volontà di lavoro.
Tra i “costruttori” che l’Associazione vuole cominciare a ricordare, un posto particolare ebbe don Antonio Mercone, facendo conoscere la sua biografia ricostruita dalla famiglia.
Tra i “costruttori” che l’Associazione vuole cominciare a ricordare, un posto particolare ebbe don Antonio Mercone, facendo conoscere la sua biografia ricostruita dalla famiglia.
Giovane trentenne prima distaccato dal Comune di Melizzano, dove era nato il 17 giugno 1926, dopo il 1956 divenne impiegato stabile del nuovo Comune di Dugenta.
Aveva fatto gli studi ginnasiali come seminarista presso il convento dei frati cappuccini di Paduli, che gli avevano dato la tunica già usata da Francesco Forgione, il futuro Padre Pio. Questo fatto sin da allora suggestionò la sua fantasia e il suo animo tanto da ricordarlo e raccontarlo sempre quasi come singolare predilezione.
Per gli eventi bellici e familiari (la morte di un fratello, il padre grande invalido) aveva dovuto abbandonare gli studi per aiutare la famiglia con lavori temporanei presso i comuni di Amorosi e di Melizzano. Ma li completò poi presso i salesiani di Caserta.
Aveva fatto gli studi ginnasiali come seminarista presso il convento dei frati cappuccini di Paduli, che gli avevano dato la tunica già usata da Francesco Forgione, il futuro Padre Pio. Questo fatto sin da allora suggestionò la sua fantasia e il suo animo tanto da ricordarlo e raccontarlo sempre quasi come singolare predilezione.
Per gli eventi bellici e familiari (la morte di un fratello, il padre grande invalido) aveva dovuto abbandonare gli studi per aiutare la famiglia con lavori temporanei presso i comuni di Amorosi e di Melizzano. Ma li completò poi presso i salesiani di Caserta.
Nel febbraio del 1951 viene assunto dal Comune di Melizzano, distaccato presso la frazione di Dugenta, che raggiunge alla guida della sua MOTOM, dove si trasferisce subito dopo il matrimonio.
In quegli anni Antonio Mercone, insieme ad altri “costruttori” come lui, contribuisce con entusiasmo all’avvio dell’autonomia di Dugenta e alla costituzione di un tessuto sociale del tutto nuovo la cui identità andava gradualmente delineandosi, ma con grosse difficoltà.
Quei “costruttori di comunità”, che meritano perciò un grato ricordo pubblico, in quell’impresa umana, sociale, professionale, cementarono tra di loro amicizie durate tutta la vita. Tra loro, Pasquale Gallo, suo carissimo amico e collega felicemente superstite, l’avvocato Carlo Di Cerbo sindaco dal 1970 al 1975, anche suo compagno di seminario, il dottore Arcangelo Di Cerbo, che tanta importanza ha avuto per la fondazione della Cassa Rurale di Dugenta, il dottore D’Avico, farmacista storico del paese, Guido Di Cerbo, gestore del primo cinema di Dugenta.
Da parte sua, Don Antonio Mercone, come veniva chiamato dai dugentesi in segno di rispetto, si è sempre reso disponibile a collaborare e aiutare anche espletando presso gli uffici comunali pratiche burocratiche che trascendevano le sue competenze. Dietro quel suo carattere ironico, a volte severo e pungente, altre volte scanzonato e pronto alla battuta, si celavano un grande senso di umanità e una modestia che gli consentivano di comprendere i problemi degli altri con grande disponibilità, ma sempre con rispettoso pudore. Conoscendo il suo carattere fondamentalmente incline a pacificare le persone e le sue doti di mediatore, veniva spesso interpellato da parenti e amici, per dirimere controversie o sanare situazioni di conflitto.
Nel 1965 Antonio vince un concorso pubblico e va come Vigile Sanitario presso l’Ufficio d’Igiene di Roma –dove si trasferisce con l’intera famiglia.
Subito diventa Ispettore d’Igiene. Qui inizia un’altra fase della sua vita, non priva di difficoltà e di cambiamenti relazionali e professionali. Don Antonio, come sempre, affronta questo cambiamento con la giusta dose di impegno, entusiasmo e buona volontà, conquistandosi il rispetto, la stima e l’amicizia dei suoi colleghi e dei suoi superiori. Mantenendo sempre vivissimo il legame sia con Melizzano che con Dugenta.
Negli anni ’70 le prime importanti campagne contro le frodi alimentari, vedono Antonio Mercone, con la sua tenacia e professionalità, impegnato nello svolgimento del delicato e importante lavoro di Ispettore d’igiene. Collabora con magistrati e forze dell’ordine contribuendo a portare alla luce innumerevoli illeciti ai danni della salute dei cittadini.
Negli anni ’70 le prime importanti campagne contro le frodi alimentari, vedono Antonio Mercone, con la sua tenacia e professionalità, impegnato nello svolgimento del delicato e importante lavoro di Ispettore d’igiene. Collabora con magistrati e forze dell’ordine contribuendo a portare alla luce innumerevoli illeciti ai danni della salute dei cittadini.
Il suo spirito altruista e collaborativo, la sua comunicativa e la sua preparazione professionale e sensibilità umana lo hanno portato naturalmente a svolgere anche un’intensa attività sindacale, fino al termine della sua carriera lavorativa. Durante la quale Antonio è rimasto sempre fedele alla sua formazione cattolica e ai suoi principi di libertà e di difesa dei diritti, specie dei più deboli. L’entusiasmo, l’impegno e la capacità di interpretare le esigenze della categoria dei lavoratori da lui rappresentati, lo portano a compiti di sempre maggiore responsabilità fino alla sua elezione, nel 1981, alla carica di Segretario Nazionale dell’U.N.P.I.S.I. (Unione Nazionale del Personale Ispettivo Sanitario d’Italia).
Nel 1990, in occasione della celebrazione del centenario della nascita di questo sindacato, gli viene conferita una medaglia come riconoscimento della sua opera e una pergamena con la seguente dedica: “La categoria memore e grata della perseverante tenacia, della indomita passione e della eccezionale capacità e saggezza profusa negli anni, per l’effettuazione e la crescita della sua dignità e professionalità delle aspirazioni fondamentali degli associati, nonché per la elevazione del livello di tutela della salute delle popolazioni, dedica a simbolica espressione di profonda riconoscenza e perché la sua intensa e preziosa attività costituisca riferimento esemplare per i futuri dirigenti della nostra associazione”.
Raggiunti i limiti d’età, nel 1991 gli viene concessa la meritata pensione, ma da uomo attivo quale è, continua a svolgere, anche se saltuariamente, un’attività di consulenza nel campo di legislazione igienico sanitaria.
Raggiunti i limiti d’età, nel 1991 gli viene concessa la meritata pensione, ma da uomo attivo quale è, continua a svolgere, anche se saltuariamente, un’attività di consulenza nel campo di legislazione igienico sanitaria.
Nel 1992 la Federazione Cisl Lazio lo insignisce di una medaglia d’oro in segno di gratitudine per l’opera da lui svolta per molti anni nell’ambito sindacale.
Nel 1993, come giusto riconoscimento di una vita onesta dedicata al lavoro, il Presidente della Repubblica gli conferisce il titolo di Cavaliere del Lavoro.
Nel 1993, come giusto riconoscimento di una vita onesta dedicata al lavoro, il Presidente della Repubblica gli conferisce il titolo di Cavaliere del Lavoro.
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