(Lidia Di Lorenzo) In linea con i dati statistici dell’Italia meridionale, fino al principio del secolo scorso solo pochi abitanti di Limatola erano in grado di firmare il proprio atto di matrimonio, e persino coloro che avevano cura della cosa pubblica, a stento, avevano frequentato le scuole elementari. Nonostante tutte le riforme, che dall'Unità d’Italia avevano fatto obbligo ai Comuni di istituire scuole “libere e gratuite”, non sembra ce ne fossero prima dell’inizio del ‘900, fatta eccezione di qualche esperimento privato, nel quale fungevano da maestri coloro che erano appena alfabetizzati e alternavano lezioni di lettura e scrittura alle loro normali attività artigianali.
La prima maestra che si ricordi era la signora Antonietta Vecchiarelli, venuta dalla provincia di Caserta, che rimase a Limatola come insegnante dall’inizio del secolo fino al 1938 e sposò un distinto signore del posto. Consapevole del suo ruolo, nuovo per la comunità, dava il meglio di sé, insegnando dapprima in pluriclassi, nella zona Trivio di A.G.P., composte di un numero consistente di alunni, mentre si impegnava anche nel sociale. Essa fu considerata, col tempo, un personaggio eroico, quello che nella memoria collettiva racchiudeva in sé tutto il bene dei tempi andati. Tutti la rimpiangevano per la sua bontà e generosità, ma soprattutto per la sua estrema severità, che piegava ogni resistenza alla disciplina e all'apprendimento.
La prima maestra che si ricordi era la signora Antonietta Vecchiarelli, venuta dalla provincia di Caserta, che rimase a Limatola come insegnante dall’inizio del secolo fino al 1938 e sposò un distinto signore del posto. Consapevole del suo ruolo, nuovo per la comunità, dava il meglio di sé, insegnando dapprima in pluriclassi, nella zona Trivio di A.G.P., composte di un numero consistente di alunni, mentre si impegnava anche nel sociale. Essa fu considerata, col tempo, un personaggio eroico, quello che nella memoria collettiva racchiudeva in sé tutto il bene dei tempi andati. Tutti la rimpiangevano per la sua bontà e generosità, ma soprattutto per la sua estrema severità, che piegava ogni resistenza alla disciplina e all'apprendimento.
Alla maestra Vecchiarelli seguirono le maestre formate dal regime. Fu durante il fascismo che furono espletati i primi concorsi statali per un posto di ruolo nella scuola, con la massiccia presenza, insieme agli uomini, di donne. Tutti avevano seguito gli studi riformati dal Gentile, il quale aveva aggiunto un anno agli studi magistrali, portandoli a quattro dopo la terza media, e aveva introdotto lo studio del latino. Il concorso si svolse a Roma e alla formazione pedagogica dei futuri insegnanti era stata aggiunta la Cultura fascista. Dimostrata, quindi, la loro preparazione specifica e recitato a memoria tale credo, i maestri furono inviati anche nei piccoli paesi, come inconsapevoli diffusori degli ideali del sistema politico. Ma essi avevano letto Rousseau, Lambruschini, Lombardo Radice e Decroly, sapevano delle sorelle Agazzi, di Maria Montessori, e svolsero il loro compito nel rispetto delle leggi, ma con onestà mentale ed autonomia. Così, dopo la Vecchiarelli, giunsero a Limatola le maestre Angela Giannini di Casertavecchia, Maria Passerini di Castellammare, Teresa Di Cerbo di Dugenta, Teresa Bernard di S.Maria a Vico, che furono le protagoniste assolute dell’alfabetizzazione di gran parte delle giovani generazioni. Esse si dividevano tra Limatola centro e la frazione A.G.P., lavoravano in locali reperiti alla meglio dai Comuni, senza acqua, al freddo, mitigato appena dal braciere acceso da qualche vicino generoso, con sussidi didattici costruiti con le loro mani e tanto gesso e lavagna, sotto la quale per anni rimase il pallottoliere, che segnava il primo contatto dei piccoli col mondo dei numeri. Instaurarono con gli alunni e la popolazione un legame d’affetto e di fiducia illimitata, tanto da divenire confidenti e consigliere di giovani e adulti. Il sabato indossavano un grambiule-divisa e tornavano a scuola per le esercitazioni ginniche paramilitari dei Figli della Lupa e dei piccoli Balilla. Tutte trovarono marito tra i giovani del posto e spesero la loro vita lavorativa nel paese. Ma vennero anche altri insegnanti, pochi uomini e tante donne, che rimanevano solo lo spazio di un anno e andavano via insofferenti alle limitazioni che la vita paesana inevitabilmente imponeva.
Gli ultrasessantenni ricordano il maestro Cosimo Formato di Montesarchio che insegnava in una pluriclasse di terza e quarta elementare nella frazione Biancano. Alloggiava presso una famiglia del paese, anche lui vittima, nonostante fosse fornito di vespa, dell’impraticabilità delle strade e della totale assenza di mezzi di trasporto. Fornito di cultura classica, faceva imparare frasi latine a memoria agli inorgogliti alunni: carpe diem, fugit irreparabile tempus, ora et labora. Fece una brillante carriera, divenendo poi Ispettore della Pubblica Istruzione.
Le scuole, fino alla quarta elementare, furono ubicate a Limatola capoluogo e nella frazione A.G.P. e, solo dopo anni, istituite anche nelle altre zone del paese. Le classi funzionanti al centro erano allogate nello stesso edificio del comune, con l’accesso in una stradina laterale, mentre il primo edificio scolastico vero fu costruito nel 1936, al Casale. L’istituzione della classe quinta avvenne nell’anno scolastico 1939/40 e fu considerata un dono. I ragazzi dotati di intelligenza e grinta, anche se avevano conseguito la quarta elementare da qualche anno, ripresero a frequentare e posero lì le basi della loro preparazione, che li avrebbe portati, con non pochi sacrifici, a diventare stimati professionisti, medici, avvocati, protagonisti della vita politica, sociale ed economica degli anni del dopoguerra. Alcuni, per ovviare alla mancanza di mezzi di trasporto, si iscrissero ai Seminari, ma poi ne uscirono per conseguire la Maturità classica all'esterno e frequentare l’Università di Napoli.
Con l’avvento della Repubblica, la Costituzione democratica sancì il diritto-dovere all’istruzione di tutti i cittadini. Anche a Limatola sorsero molteplici forme di scolarizzazione di massa, grazie all’istituzione di scuole sussidiate, scuole popolari e scuole serali. Le giovani maestre incaricate divennero “eroine” della lotta all’analfabetismo, perché chiamate, in cambio di irrisori riscontri economici, a far fronte a molteplici problemi organizzativi, prima che didattici. Furono proprio i loro sacrifici e la loro azione di proselitismo scolastico a dare spessore ad una imponente opera di alfabetizzazione che pose le basi della nascita di una nuova Italia. Oltre alle scuole intese in senso proprio furono istituiti, infatti, Punti di ascolto, ispirati ai metodi didattici del maestro Alberto Manzi, e Centri di Lettura, prime forme di biblioteca, che consentirono a lettori adulti, sollecitati nel contempo anche da programmi televisivi, di incontrare i classici della letteratura italiana e straniera, da Dante a Leopardi, dai Malavoglia al conte di Montecristo, da Jane Eyre a Cime tempestose, di sfogliare riviste scientifiche e storiche, e settimanali, come Epoca di Enzo Biagi e Oggi. Si deve alla scuola di quegli anni l’avvio, anche da noi, di quel cammino che, corroborato, in seguito, dalla contestazione e dai contratti per lavoratori, attuò quella che possiamo definire la più grande rivoluzione culturale di tutti i tempi, dopo la scoperta della stampa, e sulla quale forse si riflette ancora poco.
Dalla direzione didattica di S.Agata dei Goti la scuola elementare di Limatola, nel 1960, passò a quella di Amorosi, da cui dipenderà fino al 1968, quando sarà istituita la nuova sede di Dugenta. La direttrice pro tempore, dott.ssa. Amalia Fioretti, stimolò il rinnovo dei metodi didattici divenuti ormai obsoleti, ispirandosi all’attivismo del Dewey, già fatto conoscere da tempo in Italia dal pedagogista americano Washburne, che ivi era giunto a seguito dell’esercito alleato. Si diede spazio, allora, all’attività e alla creatività dell’alunno, si puntò sulla sua socializzazione. La spinta all’innovazione fu recepita dalla nuova classe di insegnanti, vincitori di concorso, di cui molti del posto, che andava a sostituire quella storica, con il progressivo pensionamento delle stesse maestre avvenuto entro la fine degli anni ’60. Indimenticabili restano le figure dell’insegnante Pietro Marotta, nativo di Limatola, che divenne maestro dopo essere stato partigiano sui monti della Toscana e inculcò l’amore per la matematica in tanti alunni, e quella di Antonio Russo di Castelmorrone, che da ragazzo aveva custodito greggi sulle pendici del Taburno.
La popolazione scolastica era intanto cresciuta; nei vari plessi funzionavano le cinque classi elementari, e gli edifici, completati in tutte le frazioni all’inizio degli anni ’60, diventavano insufficienti ad ospitare i figli del baby boom che seguì la fine del conflitto mondiale. Con la scolarizzazione di massa aumentava anche la domanda di istruzione secondaria. A Limatola centro, don Salvatore Carrese aveva istituito, nell’anno 1954, nei locali della parrocchia, la prima scuola media privata, nella quale lui stesso insegnava e fungeva da Preside. Ricordiamo tra i primi docenti don Vincenzo D’Agostino, Don Luigi Nero, e poi altri in possesso di Maturità classica, mancando laureati locali. Gli alunni furono all’inizio poche decine, ma il loro numero divenne sempre più consistente. Tutti erano motivati a proseguire gli studi per conseguire la laurea. A fine anno scolastico essi erano tenuti a sostenere un esame nella scuola statale di Telese, ove la decimazione era consistente. Poi nel ’63 venne la Scuola media unificata che si innestò su quella privata e si giovò per qualche anno, fino all’assegnazione di un preside ad hoc, avvenuta nell’anno 68/69 nella persona di Giovanni D’Alena, dell’illuminata guida del preside Pacelli, che reggeva contemporaneamente la scuola di Telese. I docenti, accettata la lezione di Don Milani, il quale nella sua Lettera ad una professoressa aveva stigmatizzato l’ingiustizia della selezione per ambiente di provenienza e per censo, presente ancora nella scuola italiana, accoglievano con disponibilità d’animo ogni deficit di preparazione di base degli alunni e valutavano positivamente ogni piccolo progresso.
A questa scuola media si accedeva senza esame di ammissione, metodo di selezione istituito nel periodo fascista, tra coloro che erano destinati a costituire la futura classe dirigente e quelli che erano destinati invece al mondo del lavoro manuale, e il latino, materia ritenuta dall’Italia repubblicana altamente discriminante, diveniva opzionale, per scomparire del tutto, come materia autonoma negli anni ‘70. Si realizzava la scuola di tutti e di ciascuno, alla quale furono riconosciuti meriti nella promozione culturale ed umana di tutta la popolazione.
Attualmente la Scuola di Limatola, divenuta Istituto Comprensivo dall’anno scolastico 2000/2001, è al passo con le scuole del territorio, ed è al centro della vita culturale del paese. Gli analfabeti sono scomparsi, molti sono i laureati, quasi tutti i giovani sono in possesso di diploma superiore. Soffre, tuttavia, per la mancanza di strutture adeguate, e per la disseminazione delle sedi nelle varie frazioni, cosa che favorisce la fuga degli alunni verso le scuole di Caserta. L’Amministrazione si sta adoperando per porre rimedio alla situazione, ampliando i locali della sede centrale e potenziando il trasporto.
Lidia Di Lorenzo
Gli ultrasessantenni ricordano il maestro Cosimo Formato di Montesarchio che insegnava in una pluriclasse di terza e quarta elementare nella frazione Biancano. Alloggiava presso una famiglia del paese, anche lui vittima, nonostante fosse fornito di vespa, dell’impraticabilità delle strade e della totale assenza di mezzi di trasporto. Fornito di cultura classica, faceva imparare frasi latine a memoria agli inorgogliti alunni: carpe diem, fugit irreparabile tempus, ora et labora. Fece una brillante carriera, divenendo poi Ispettore della Pubblica Istruzione.
Le scuole, fino alla quarta elementare, furono ubicate a Limatola capoluogo e nella frazione A.G.P. e, solo dopo anni, istituite anche nelle altre zone del paese. Le classi funzionanti al centro erano allogate nello stesso edificio del comune, con l’accesso in una stradina laterale, mentre il primo edificio scolastico vero fu costruito nel 1936, al Casale. L’istituzione della classe quinta avvenne nell’anno scolastico 1939/40 e fu considerata un dono. I ragazzi dotati di intelligenza e grinta, anche se avevano conseguito la quarta elementare da qualche anno, ripresero a frequentare e posero lì le basi della loro preparazione, che li avrebbe portati, con non pochi sacrifici, a diventare stimati professionisti, medici, avvocati, protagonisti della vita politica, sociale ed economica degli anni del dopoguerra. Alcuni, per ovviare alla mancanza di mezzi di trasporto, si iscrissero ai Seminari, ma poi ne uscirono per conseguire la Maturità classica all'esterno e frequentare l’Università di Napoli.
Con l’avvento della Repubblica, la Costituzione democratica sancì il diritto-dovere all’istruzione di tutti i cittadini. Anche a Limatola sorsero molteplici forme di scolarizzazione di massa, grazie all’istituzione di scuole sussidiate, scuole popolari e scuole serali. Le giovani maestre incaricate divennero “eroine” della lotta all’analfabetismo, perché chiamate, in cambio di irrisori riscontri economici, a far fronte a molteplici problemi organizzativi, prima che didattici. Furono proprio i loro sacrifici e la loro azione di proselitismo scolastico a dare spessore ad una imponente opera di alfabetizzazione che pose le basi della nascita di una nuova Italia. Oltre alle scuole intese in senso proprio furono istituiti, infatti, Punti di ascolto, ispirati ai metodi didattici del maestro Alberto Manzi, e Centri di Lettura, prime forme di biblioteca, che consentirono a lettori adulti, sollecitati nel contempo anche da programmi televisivi, di incontrare i classici della letteratura italiana e straniera, da Dante a Leopardi, dai Malavoglia al conte di Montecristo, da Jane Eyre a Cime tempestose, di sfogliare riviste scientifiche e storiche, e settimanali, come Epoca di Enzo Biagi e Oggi. Si deve alla scuola di quegli anni l’avvio, anche da noi, di quel cammino che, corroborato, in seguito, dalla contestazione e dai contratti per lavoratori, attuò quella che possiamo definire la più grande rivoluzione culturale di tutti i tempi, dopo la scoperta della stampa, e sulla quale forse si riflette ancora poco.
Dalla direzione didattica di S.Agata dei Goti la scuola elementare di Limatola, nel 1960, passò a quella di Amorosi, da cui dipenderà fino al 1968, quando sarà istituita la nuova sede di Dugenta. La direttrice pro tempore, dott.ssa. Amalia Fioretti, stimolò il rinnovo dei metodi didattici divenuti ormai obsoleti, ispirandosi all’attivismo del Dewey, già fatto conoscere da tempo in Italia dal pedagogista americano Washburne, che ivi era giunto a seguito dell’esercito alleato. Si diede spazio, allora, all’attività e alla creatività dell’alunno, si puntò sulla sua socializzazione. La spinta all’innovazione fu recepita dalla nuova classe di insegnanti, vincitori di concorso, di cui molti del posto, che andava a sostituire quella storica, con il progressivo pensionamento delle stesse maestre avvenuto entro la fine degli anni ’60. Indimenticabili restano le figure dell’insegnante Pietro Marotta, nativo di Limatola, che divenne maestro dopo essere stato partigiano sui monti della Toscana e inculcò l’amore per la matematica in tanti alunni, e quella di Antonio Russo di Castelmorrone, che da ragazzo aveva custodito greggi sulle pendici del Taburno.
La popolazione scolastica era intanto cresciuta; nei vari plessi funzionavano le cinque classi elementari, e gli edifici, completati in tutte le frazioni all’inizio degli anni ’60, diventavano insufficienti ad ospitare i figli del baby boom che seguì la fine del conflitto mondiale. Con la scolarizzazione di massa aumentava anche la domanda di istruzione secondaria. A Limatola centro, don Salvatore Carrese aveva istituito, nell’anno 1954, nei locali della parrocchia, la prima scuola media privata, nella quale lui stesso insegnava e fungeva da Preside. Ricordiamo tra i primi docenti don Vincenzo D’Agostino, Don Luigi Nero, e poi altri in possesso di Maturità classica, mancando laureati locali. Gli alunni furono all’inizio poche decine, ma il loro numero divenne sempre più consistente. Tutti erano motivati a proseguire gli studi per conseguire la laurea. A fine anno scolastico essi erano tenuti a sostenere un esame nella scuola statale di Telese, ove la decimazione era consistente. Poi nel ’63 venne la Scuola media unificata che si innestò su quella privata e si giovò per qualche anno, fino all’assegnazione di un preside ad hoc, avvenuta nell’anno 68/69 nella persona di Giovanni D’Alena, dell’illuminata guida del preside Pacelli, che reggeva contemporaneamente la scuola di Telese. I docenti, accettata la lezione di Don Milani, il quale nella sua Lettera ad una professoressa aveva stigmatizzato l’ingiustizia della selezione per ambiente di provenienza e per censo, presente ancora nella scuola italiana, accoglievano con disponibilità d’animo ogni deficit di preparazione di base degli alunni e valutavano positivamente ogni piccolo progresso.
A questa scuola media si accedeva senza esame di ammissione, metodo di selezione istituito nel periodo fascista, tra coloro che erano destinati a costituire la futura classe dirigente e quelli che erano destinati invece al mondo del lavoro manuale, e il latino, materia ritenuta dall’Italia repubblicana altamente discriminante, diveniva opzionale, per scomparire del tutto, come materia autonoma negli anni ‘70. Si realizzava la scuola di tutti e di ciascuno, alla quale furono riconosciuti meriti nella promozione culturale ed umana di tutta la popolazione.
Attualmente la Scuola di Limatola, divenuta Istituto Comprensivo dall’anno scolastico 2000/2001, è al passo con le scuole del territorio, ed è al centro della vita culturale del paese. Gli analfabeti sono scomparsi, molti sono i laureati, quasi tutti i giovani sono in possesso di diploma superiore. Soffre, tuttavia, per la mancanza di strutture adeguate, e per la disseminazione delle sedi nelle varie frazioni, cosa che favorisce la fuga degli alunni verso le scuole di Caserta. L’Amministrazione si sta adoperando per porre rimedio alla situazione, ampliando i locali della sede centrale e potenziando il trasporto.
Lidia Di Lorenzo