
(Preside Professoressa Lidia Di Lorenzo) Il libro Oltre il suo tempo, coraggio passione immaginazione, che sarà presentato il giorno 4 febbraio nella chiesa di S. Biagio in Limatola, è dedicato alla figura di Mons. Salvatore Carrese, nobile figlio di questa terra, nato il 29 agosto 1914 e morto il 23 maggio 1989.
Il libro porta la firma di tre autori: Giuseppe Aragosa, Andrea Carrese, Angelo Carrese e si giova di interventi dei sindaci e di persone che lo conobbero nel suo operare.
Il prof. Giuseppe Aragosa da poco scomparso, nella Biografia da lui curata, ripercorre a grandi linee la vita di questo sacerdote da quando, ultimo di otto figli, sottratto al lavoro dei campi, dietro consiglio del parroco del tempo e dei suoi insegnanti, fu mandato in seminario per continuare gli studi. Con l’ausilio di documenti in possesso della curia di Caserta, ricostruisce il corso dei rapidi e brillanti studi che completarono la sua formazione religiosa e umana; tratteggia il suo instancabile dinamismo in favore della comunità, prima di Biancano e poi di Limatola.
Il libro porta la firma di tre autori: Giuseppe Aragosa, Andrea Carrese, Angelo Carrese e si giova di interventi dei sindaci e di persone che lo conobbero nel suo operare.
Il prof. Giuseppe Aragosa da poco scomparso, nella Biografia da lui curata, ripercorre a grandi linee la vita di questo sacerdote da quando, ultimo di otto figli, sottratto al lavoro dei campi, dietro consiglio del parroco del tempo e dei suoi insegnanti, fu mandato in seminario per continuare gli studi. Con l’ausilio di documenti in possesso della curia di Caserta, ricostruisce il corso dei rapidi e brillanti studi che completarono la sua formazione religiosa e umana; tratteggia il suo instancabile dinamismo in favore della comunità, prima di Biancano e poi di Limatola.
Giovane sacerdote di appena ventisei anni, Don Salvatore ebbe il suo primo incarico in una piccola chiesa di Limatola nella parte pianeggiante del paese, mentre la vita locale si svolgeva ancora nel borgo medioevale e il parroco Don Nicola Gentile officiava nella vecchia, storica chiesa di S. Biagio, situata presso le mura del castello, che una volta i duchi Gambacorta e poi i Mastelloni si premurarono di restaurare, come recita una lapide ancora oggi posta sul frontespizio della stessa.
Siamo negli anni quaranta e i nuovi tempi urgono. Il popolo si sposta sempre di più verso la valle e riempie la chiesa del giovane e brillante sacerdote, che attrae col suo linguaggio persuasivo, il suo innato carisma, la sua volontà di portare aiuto materiale e spirituale alla popolazione stremata dagli stenti e dalla guerra.
Nel suo primo incarico di parroco nella frazione Biancano, Don Salvatore iniziò la sua fervida attività, costruendo in tempi difficili, con gli aiuti che seppe attivare, con il concorso della popolazione stessa, una nuova chiesa, per agevolare i cittadini costretti a seguire le funzioni religiose sulla collina, in quello che oggi è diventato il Santuario di S. Eligio. Intraprese nel contempo una intensa opera per portare in un paesino povero, con una percentuale altissima di analfabeti, isolato dal resto del mondo, un barlume di civiltà. Istituì l’asilo parrocchiale, l’azione cattolica, la scuola di musica e canto. Realizzò i primi pellegrinaggi a scopo religioso e ludico insieme. In collaborazione con gli insegnanti della scuola elementare -a quel tempo c’erano solo le prime quattro classi elementari- mise in scena drammi religiosi e scene comiche, con attori improvvisati del posto.
Siamo negli anni quaranta e i nuovi tempi urgono. Il popolo si sposta sempre di più verso la valle e riempie la chiesa del giovane e brillante sacerdote, che attrae col suo linguaggio persuasivo, il suo innato carisma, la sua volontà di portare aiuto materiale e spirituale alla popolazione stremata dagli stenti e dalla guerra.
Nel suo primo incarico di parroco nella frazione Biancano, Don Salvatore iniziò la sua fervida attività, costruendo in tempi difficili, con gli aiuti che seppe attivare, con il concorso della popolazione stessa, una nuova chiesa, per agevolare i cittadini costretti a seguire le funzioni religiose sulla collina, in quello che oggi è diventato il Santuario di S. Eligio. Intraprese nel contempo una intensa opera per portare in un paesino povero, con una percentuale altissima di analfabeti, isolato dal resto del mondo, un barlume di civiltà. Istituì l’asilo parrocchiale, l’azione cattolica, la scuola di musica e canto. Realizzò i primi pellegrinaggi a scopo religioso e ludico insieme. In collaborazione con gli insegnanti della scuola elementare -a quel tempo c’erano solo le prime quattro classi elementari- mise in scena drammi religiosi e scene comiche, con attori improvvisati del posto.
Finita la guerra, bisognava curare l’educazione dei piccoli, cittadini del domani. La colonia fluviale, raduno educativo e ricreativo insieme, accolse per tre anni consecutivi, a partire dal 1949, i bambini dai cinque ai dodici anni che, sotto la guida di maestre diplomate, si recavano al fiume, facevano il bagno, eseguivano esercizi ginnico-sportivi, mangiavano, intonavano canti, facevano ritorno a casa nel pomeriggio. Allora il fiume Volturno aveva spiagge ampie e dorate. Le sue acque erano limpide e pulite.
Nell’anno 1953 Don Salvatore fu trasferito a Limatola centro, dove era morto il sacerdote del tempo, don Nicola Gentile. Le opere che ivi realizzò furono tante e di tale portata che restano a testimonianza delle sue capacità e qualità eccezionali. Una nuova chiesa nella pianura, la casa parrocchiale, l’edificio della scuola media, quello della scuola materna, la sala teatro, l’ampio cortile antistante la sala. Ma non realizzò solo strutture. In esse fervevano mille attività di cui erano protagonisti giovani e meno giovani. Fu Don Salvatore che, cogliendo i segni dei tempi e immaginando il futuro, instituì la scuola media privata, prima ancora che la legge sulla scuola media unica fosse varata. Fu con lui che i primi professionisti del paese iniziarono il loro percorso scolastico, recitando rosa-rosae, e diedero poi lustro e ricchezza al paese nel dopoguerra. Occorreva creare lavoro. E Don Salvatore creò il primo opificio, una fabbrica di maglie, nella quale impiegò tante ragazze, sollevandole dal precoce lavoro dei campi, e fornì loro il primo salario sicuro.
Il quartiere Kennedy, che rappresenta oggi la parte signorile di Limatola, è anch’esso creazione della mente di Don Salvatore.
Tanto e tanto altro realizzò Mons. Carrese. Di quanto realizzò a Limatola, tra quali difficoltà e in quale contesto, sono nel libro prodighi di descrizioni gli altri autori, Andrea Carrese e Angelo Carrese.
Per Andrea Carrese Don Salvatore è stato uomo di azione e uomo del fare, dotato di metodo di lavoro efficace, sistematico e rigoroso, titolare di doti di estrema lucidità nel valutare le cose e le situazioni. Sacerdote fino in fondo e senza tentennamenti, grande educatore, maestro di vita.
Andrea Carrese tratta con dovizia di particolari l’impatto che ebbero sulla situazione locale le iniziative e le opere di monsignore, riconoscendogli l’apertura del paese all’era moderna, e il superamento delle condizioni pressoché medioevali in cui in effetti si trovava. La miseria era molto diffusa, l’agricoltura quasi unica fonte di sostentamento della popolazione era povera e arretrata, non esistevano linee di collegamento con i paesi circostanti. Limatola, lontana dalla provincia di Benevento, era un cuneo, un braccio morto nel territorio di Caserta.
Angelo Carrese, erede ed esecutore testamentario di Mons. Carrese, tratta l’aspetto tecnico della realizzazione delle opere, gli avvenimenti, le notizie, i fatti ricavati dagli appunti e dai diari in suo possesso, nonché dai suoi ricordi personali, ed è autore della versione al computer del Testamento Spirituale, che Mons. Carrese scrisse di suo pugno, quando sentì la necessità di dare uno sguardo di sintesi al cammino percorso. Il Testamento è riportato anche nel libro e rappresenta la parte più toccante del libro stesso.
Emergono da esso la grande fede del Nostro, il suo totale abbandono a Dio, le sue ansie, i suoi momenti di debolezza, gli scoramenti di fronte ai tanti ostacoli incontrati nell’operare, il dubbio di non aver sempre agito in conformità al Suo volere. Alla Vergine Maria Mons. Carrese, a conclusione del testamento, dedica una ispirata preghiera che se non tocca le vette di quella dantesca le si avvicina per la sincerità della fede nella Madre tenerissima, madre buona, madre dei peccatori, inoltre per i sentimenti di umiltà che la permeano, per la sua incondizionata dedizione dell’animo.
Dal libro nel suo complesso emerge un quadro realistico, puntuale e colorito della comunità locale in un particolare momento della sua storia. Il libro ci dice come eravamo, come erano i nostri padri, quale volto aveva il paese, quali erano le esigenze emergenti e come abbia saputo coglierle e dare loro una risposta una mente illuminata e fertile.
Un gran numero di foto, fornite da privati e attinte dall’archivio parrocchiale, testimonia i fatti descritti e segue lo svolgimento degli eventi, rendendo piacevole e avvincente la narrazione.
Tanto e tanto altro realizzò Mons. Carrese. Di quanto realizzò a Limatola, tra quali difficoltà e in quale contesto, sono nel libro prodighi di descrizioni gli altri autori, Andrea Carrese e Angelo Carrese.
Per Andrea Carrese Don Salvatore è stato uomo di azione e uomo del fare, dotato di metodo di lavoro efficace, sistematico e rigoroso, titolare di doti di estrema lucidità nel valutare le cose e le situazioni. Sacerdote fino in fondo e senza tentennamenti, grande educatore, maestro di vita.
Andrea Carrese tratta con dovizia di particolari l’impatto che ebbero sulla situazione locale le iniziative e le opere di monsignore, riconoscendogli l’apertura del paese all’era moderna, e il superamento delle condizioni pressoché medioevali in cui in effetti si trovava. La miseria era molto diffusa, l’agricoltura quasi unica fonte di sostentamento della popolazione era povera e arretrata, non esistevano linee di collegamento con i paesi circostanti. Limatola, lontana dalla provincia di Benevento, era un cuneo, un braccio morto nel territorio di Caserta.
Angelo Carrese, erede ed esecutore testamentario di Mons. Carrese, tratta l’aspetto tecnico della realizzazione delle opere, gli avvenimenti, le notizie, i fatti ricavati dagli appunti e dai diari in suo possesso, nonché dai suoi ricordi personali, ed è autore della versione al computer del Testamento Spirituale, che Mons. Carrese scrisse di suo pugno, quando sentì la necessità di dare uno sguardo di sintesi al cammino percorso. Il Testamento è riportato anche nel libro e rappresenta la parte più toccante del libro stesso.
Emergono da esso la grande fede del Nostro, il suo totale abbandono a Dio, le sue ansie, i suoi momenti di debolezza, gli scoramenti di fronte ai tanti ostacoli incontrati nell’operare, il dubbio di non aver sempre agito in conformità al Suo volere. Alla Vergine Maria Mons. Carrese, a conclusione del testamento, dedica una ispirata preghiera che se non tocca le vette di quella dantesca le si avvicina per la sincerità della fede nella Madre tenerissima, madre buona, madre dei peccatori, inoltre per i sentimenti di umiltà che la permeano, per la sua incondizionata dedizione dell’animo.
Dal libro nel suo complesso emerge un quadro realistico, puntuale e colorito della comunità locale in un particolare momento della sua storia. Il libro ci dice come eravamo, come erano i nostri padri, quale volto aveva il paese, quali erano le esigenze emergenti e come abbia saputo coglierle e dare loro una risposta una mente illuminata e fertile.
Un gran numero di foto, fornite da privati e attinte dall’archivio parrocchiale, testimonia i fatti descritti e segue lo svolgimento degli eventi, rendendo piacevole e avvincente la narrazione.
Busto di Mons. Carrese realizzato dallo scultore, maestro Gigino Rispoli,
testo dell'epigrafe del prof. Giuseppe Aragosa
testo dell'epigrafe del prof. Giuseppe Aragosa
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Preside Professoressa Lidia Di Lorenzo
Preside Professoressa Lidia Di Lorenzo